Allineamento Vibrazionale

Quando avevamo le ali!

Io ti vedo!

8 Agosto 2024

Cosa c’è di meglio di un buon libro da leggere, quando si é in vacanza? E se poi fosse un testo che ci lascia qualcosa dentro? Non solo vacuo intrattenimento? “Quando avevamo le ali” di Ayanna Lloyd Banwo - Giulio Einaudi Editore é uno spunto per guardare la vita e la morte con occhi diversi. E ci ricorda che le entità disincarnate vogliono esattamente ciò che vogliamo noi: essere visti. Ecco un breve estratto: “Yejide sale in macchina e si lancia a capofitto giú per la collina, come accecata. […] Quando imbocca la curva all’incrocio di St Brigitte Avenue sente un rumore acutissimo che è come una coltellata, come chiodi conficcati nella carne. Un’esplosione di energia, come suono che si fa carne, come carne che si fa dolore, come dolore che si fa disperazione, rabbia repressa, che rischia di mandarla a schiantarsi contro il muro di cinta del cimitero. E da qualche parte in mezzo a tutto questo, lo sente ripetere di nuovo il suo nome, flebilmente, come un’ombra o un addio. […] Non ricorda l’ultima volta che ha pregato ma la sua bocca comincia a sussurrare qualcosa, mormora parole dimenticate da tempo che sembrano inni, o poesie, quella serie di parole che si sgranano da secoli, una dopo l’altra, per dire quello che alla fine è solo ti prego, e intanto attraversa al volo la tempesta urlante. […] I morti gridano piú forte, ancora piú forte. […] E poi, una dopo l’altra, si fanno avanti altre figure. Sono poche all’inizio: stordite, disorientate. Alcune sfocate, altre quasi tangibili, come se fossero appena uscite dalle loro vecchie vite. Giovani donne, troppo giovani, i visi stravolti dal tradimento; uomini dalle espressioni decise, determinate, in attesa; bambini di tutte le età che stringono tra le mani giocattoli malandati, un orso di pezza, una vecchia bambola con un braccio solo, una minuscola cartella, una console per videogiochi, una pallina di plastica. Man mano che si materializzano dal buio, è come se qualcuno pizzicasse la corda di una chitarra, e ciascun morto avesse una melodia tutta sua, una vibrazione particolare. E continuano ad arrivare a frotte, venti, cento per volta, portando con sé tutta la loro rabbia. Lei si dispone ad accoglierli e loro le scorrono addosso come acque di piena, come una casa in fiamme, come terra che smotta da una collina dopo giorni di pioggia, troppo pesante per riuscire a mantenersi compatta. E lei sente le braccia che si allargano a dismisura, coprono tutto il cimitero e oltre. La pioggia le scende a dirotto sulla testa, l’acqua si alza tra le sue gambe, e li tiene tutti quanti tra le braccia: “Io ti vedo. Vedo il male che ti hanno fatto. Bevo il tuo dolore finché mi riempie tutta, bevo la tua gioia finché mi riempie tutta, bevo la tua morte finché mi riempie tutta. Assaggio la tua carne, sí, tu eri carne, io lo vedo, sí, lo so. So che hai amato, sí, lo so, so che hai ucciso, sí, lo so. So che sei stato qui, sí, lo so, e anche tu, e tu, e tu siete stati qui. Non c’è niente sopra la tua tomba ma la terra sa riconoscere quelli che tornano a lei. Non sarai dimenticato, no, non sarai dimenticato, no, non sarai dimenticato, no, non sarai dimenticato.” […] E poi l’uragano raggiunge il suo picco febbrile, il cielo ulula e la terra si muove. E i visi delle giovani donne, distorti e illividiti dall’angoscia, si fanno calmi e distesi, e sembrano tornate fanciulle. E i padri, che sembravano pronti a distruggere un’intera città, smettono di trattenere il respiro. E i bambini, con i loro giocattoli e i loro quaderni e i loro pochi ricordi, si fanno sottili e impalpabili come nebbia e si dissolvono nell’aria, confondendosi con la pioggia. E i vecchi tornano nelle loro tombe come se avessero ad attenderli una poltrona, e la loro pipa preferita, e un giornale che riporta solo buone notizie: i prezzi della benzina che si abbassano, i conti che tornano e gli arretrati dello stipendio in arrivo. E i ragazzi che a giudizio di qualcuno avevano vissuto anche troppo si mettono a giocare a pallone tra le lapidi, si chinano e fabbricano barchette di legno coi ramoscelli e poi le lanciano sull’acqua che scorre veloce. […] I suoni si smorzano sorprendentemente in fretta, e senza guardare li sente andar via, ed è come quando si ritrae la marea. Mentre l’ultima pioggia la lava, rivolge lo sguardo al cielo e vede il primo spicchio di rosa nel blu. L’aria è dolce e limpida e i vivi e i morti si accomodano tutti quanti, come una vecchia che si aggiusta le gonne prima di sistemarsi nella sua sedia a dondolo in veranda.”

Emma Salvati

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